PERCHÈ NON POSSIAMO ESSERE ANTISPECISTI E FASCISTI

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Tra contestazioni durante presidi e cortei, arresti di individui ambigui per azioni dirette, e semplicissime litigate da social network, nel movimento animalista e antispecista italiano sta emergendo sempre di più un problema, se così lo si vuol definire, rispetto alla correlazione tra antispecismo e politica. Quanto questi due fattori si equivalgono, si differenziano, o fanno parte di una cosa sola? E soprattutto, è una grande contraddizione essere antispecisti e fascisti? Io dico senza mezzi termini di sì, per ragioni sia teoriche che pratiche. Dunque, analizziamo bene le motivazioni che spingono me e tanti altri individui a vedere questo accostamento come un chiarissimo ossimoro, e che hanno spinto animalisti apolitici e in molti casi menefreghisti allo stupore argomentato con principi di unione senza freni e senza fondamenta, risultando poco realisti e molto fintopacifisti.

L’ ANTISPECISMO È ANTITRADIZIONALISTA

La tradizione è quel principio che lega l’uomo al passato, che gli impone una visione del mondo e dell’universo come quella che i suoi antenati gli hanno consegnato, per fare ciò si utilizzano diversi mezzi di coercizione e di indottrinamento nell’età infantile del singolo dentro la propria comunità. I Tradizionalisti asseriscono che la tradizione, quindi il legame indissolubile col passato, sia indispensabile per lo sviluppo di una civiltà.
Questi principi hanno come colonna portante il cattolicesimo, o una qualsiasi religione prioritaria, e sono sostenuti soprattutto da monarchici, fascisti, nazionalsocialisti, rexisti, alcune destre più generiche e anche alcune visioni rossobrune e socialiste molto di nicchia.
In Italia determinate idee vengono portate avanti da partiti e movimenti come Forza Nuova, Militia Christi, Stato e Potenza, Casapound (Anche se non si affianca mai a tutti i gruppi menzionati prima, espone pensieri nazionalisti e ha come ispiratore Julius Evola, storico tradizionalista e razzista seppur non biologista) e gruppuscoli del web o poco presenti nella realtà vari.
Bene, mi sembra molto ovvio che l’antispecismo e la pratica del veganismo venga ai ferri corti con tutto ciò esplicato in queste righe precedenti.
Prima di tutto perché la tradizione è anche alimentare. Le identità nazionali, i legami con il passato, le differenze culturali si mantengono anche con diverse abitudini, tra cui quelle culinarie. Nel momento in cui, ad esempio, un Italiano diventa vegano rinnega l’ alimentazione mediterranea, tipica del suo pezzo di terra delineato e parte di un insieme di differenze che lo rilegano alla propria “identità” da italiano. Abbracciare l’alimentazione vegana è possibile a un qualsiasi individuo al dì là della sua nazione di origine, perché i confini nazionali non sono più importanti della sofferenza animale e dell’empatia. Si può ricavare da ciò una visione cosmopolita del veganismo, mettendo al primo posto l’antispecismo rispetto l’identitarismo culturale e nazionale. Lo scontro tra tradizionalismo e antispecismo è quindi inevitabile.
Oltretutto, quante tradizioni consistono in brutalità sulle specie animali non umane?
Si potrebbe pensare alla classica Corrida, o al taglio in due del maiale nel villaggio vietnamita di Nem Thuog, il rodeo di Tolfa, e a tantissime torture varie che non sto qui ad elencare, che raggiungono livelli di brutalità assurdi.
Il legame tra tradizione e specismo è pressochè inscindibile; la tradizione festeggia la vittoria e il dominio della specie umana rispetto alle altre specie animali, il tradizionalismo predilige il ruralismo, ovvero è a favore di una più presente cultura fatta di pesca, allevamento e agricoltura, anche per mantenere il modello di famiglia tradizionale, e per quanto questo stile di vita possa sembrare legato alla terra e biologico, e per quanto possa esser ripugnante l’ industrializzazione e l’ urbanismo assurdo, esso si fonda su una visione antropocentrica e sfruttatrice, anche se in scala ridotta e più “morale”.
La visione antispecista e il veganismo quindi antepongono il rifiuto della violenza sulle specie animali rispetto a tradizioni, nazionalismi e identitarismi vari. In totale contrapposizione con i valori che le destre, i cattolici, i fascisti e i nazionalsocialisti hanno sempre portato avanti.

L’ ANTISPECISMO È ANTIGERARCHICO

La gerarchia presuppone l’esistenza di un gruppo di esseri a cui sono destinati alcuni privilegi, alcune manzioni, alcune specialità rispetto ad altri più in basso in una scala di categorie e gruppi di individui. Insomma, una visione gradualista della civiltà.
La mentalità e l’ ideologia della gerarchia porta buona parte dei più accaniti sostenitori di essa a sostenere l’ esistenza di gerarchie non solo nel contesto sociale, ma anche tra umani, dividendoli in razze, e tra specie, affermando antropocentrismo e catena alimentare, dando delle basi di presunta biologia, eugenetica e pseudo-naturismo. I sostenitori del’ideologia della gerarchia sono appunto i fascisti e i nazionalsocialisti (A dire il vero non solo loro, ma una più ampia gamma di pensieri e costrutti vari). Anche se c’è qualcuno che sostiene di volere una gerarchia di tipo intellettuale o attitudinale, avvolgendo il tutto in filosofeggiamenti e romanticismi vuoti, l’ ideologia della gerarchia non può che scadere, per una serie di logiche interne al proprio costrutto, in ciò che ho descritto prima (Biologismo, eugenetica, razzismo, antropocentrismo ecc…)
Pensandoci bene, non sono proprio questi gli elementi che giustificano il dominio umano sul regno non umano? Pensandoci bene si.
Il rapporto moderno tra umano e animale non umano è un rapporto gerarchico, giustificato con concetti interni al’ ideologia della gerarchia, e alimentato dalla stessa maniera con cui la gerarchia procede nel regno umano.
Pensare che agli umani sono destinati alcuni privilegi, come divorare animali senza averne necessità, squoiarli e indossarli, testare su di loro i propri prodotti, è un’idea specista scaturita dalla cultura della gerarchia, anzi, la stessa cultura della gerarchia è figlia proprio dello specismo.
E’ quindi essenziale rompere innanzitutto le gerarchie tra umani, per poi rompere quelle tra specie, perchè l’abolizione a scompartimento è vuota e porta logicamente al contrario delle sue finalità.
L’ ANTISPECISMO È ANTIRAZZISTA

Dividere gli uomini in razze, assegnare a ognuna di queste razze compiti diversi, metterle su diversi piani di importanza è ciò che c’è di più specista sulla faccia della terra. L’ idea più brutale e cinica riguardante la divisione del’ uomo in razze consiste nel vedere negli individui con la pelle più scura dei sub-umani, delle scimmie non del tutto evolute, e nei bianchi i portatori massimi della civiltà e del’ umanità, quindi autorizzati a dominare e diffidare i neri. Quindi il nero è considerato un animale non del tutto umano, più in basso nei gradi di evoluzione. Qui si riscopre la gerarchia basata su concetti di specie aspramente criticata dal pensiero antispecista. Quest’idea, inutile puntializzarlo, è stata portata avanti nella storia moderna dal nazionalsocialismo e dal fascismo, in precedenza venne utilizzata come scusa per il colonialismo e la civilizzazione, sia dai primi coloni europei che fondarono l’america, sia dagli americani stessi per soggiogare l’ Africa e espropriare le sue risorse. Si può ben immaginare come concetti di superiorità razziale siano stati usati come arma per il controllo dei territori e profitto economico di alcuni gruppi di individui rispetto ad altri, un po’ come concetti antropocentrici e specisti siano utili per il profitto di chi specula sullo sfruttamento animale. Il Darwinismo sociale ha fornito una delle colonne portanti per il razzismo e per lo specismo; secondo Darwin le razze mantenevano la diversità nella specie umana ed era importante non dar spazio a mescolanze e libertinaggi tra di esse, e prendeva come modello la maniera in cui l’uomo si comportava con gli animali per esortarlo a mantenere lo stesso atteggiamento anche tra gli umani stessi. Insomma, l’uomo, la donna, i bambini, e le razze dovrebbero comportarsi come le bestie da allevamento. Ed è proprio questa l’idea che porta gli antispecisti ad abracciare l’ antirazzismo.
Un esempio lampante della grande incoerenza sotto questo punto di vista da parte dei vari fascisti, nazionalsocialisti e destre radicali, può essere quello degli Hate For Breakfast, gruppo Hardcore Punk appartenente a Casapound, che in una canzone chiamata “Bastardo Vivisettore” lamentano le condizioni ciniche e deplorevoli in cui le vittime della vivisezione si trovano, gridando come ritornello “Vivisezione è morte, vivisezione è crudeltà!”, ma in un altro pezzo chiamato “Squadrismo Hardcore”, sembrano non provare le stesse emozioni per le vittime del razzismo e dei pestaggi omofobi, gridando “Barboni, froci e tossici tutti da bastonare!” o anche “sfigato antirazzista, torna nei campi di cotone a suonare la musica dei negri!”.

L’ ANTISPECISMO È ANTISESSISTA

Nella cultura fascista esiste un regime della procreazione; la nazione dev’essere fertile, bisogna incentivare nascite e spronare alla riproduzione culturalmente e legalmente, tutti coloro che non figliano sono traditori, inutili e dovrebbero essere estirpati. Non è questo il messaggio che si evince, ad esempio, dai vari cartelli di Forza Nuova con su scritto “BASTA FROCI” o “L’Italia ha bisogno di figli, non di omosessuali”? In questo specifico regime della procreazione la donna ha un ruolo fondamentale; essere fecondata e sfornare elementi utili alla nazione, e l’ uomo ha il ruolo di essere virile, possessivo e riproduttore. A tutto ciò spesso si mischiano dottrine cattoliche che riflettono questo regime nel nome di dio, del’ umanità e della morale.
In questa visione industriale della procreazione si privilegia la visione famigliare uomo-donna-figli, tutto il resto risulta inutile, se non assurdamente nocivo, come omosessuali, lesbiche, o semplicemente qualsiasi individuo che per ragioni proprie non voglia figliare o rifiuti il modello famigliare imposto, addirittura arrivando in alcuni casi al’ eugenetica, sostenendo che gli sterili per problemi biologici sono inutili quindi eliminabili, tra cui anche i down, cosa che non leggerete mai in un volantino o in un manifesto di gruppi fascisti, ma scoprirete con il dialogo e implicitamente.
Come funziona un allevamento? Nello stesso IDENTICO modo. Viene stimolata la procreazione e tutto ciò che non procrea viene eliminato, l’ importante è fare molti cuccioli per molto profitto, la donna animale ha la stessa funzione della donna umana; essere fecondata e sfornare elementi utili alla riproduzione, fecondata anche contro la sua volontà in alcuni casi; la mucca da latte viene fecondata in continuazione da un braccio meccanico che gli spruzza al’ interno dello sperma di toro, insomma uno stupro a ripetizione. Il maschio da allevamento deve essere virile e fecondare, tante volte riempito di ormoni contro la sua volontà e picchiato per costrizione, tutto il resto del bestiame o troppo vecchio, o sterile, o deforme viene ammazzato.
Rifiutando l’ allevamento, si rifiuta anche la società/allevamento che in parte è insita in quella moderna, in parte è portata avanti da chi ha idee fasciste.

L’ANTISPECISMO È ECOLOGISMO, QUANTO HA DI ECOLOGISTA IL FASCISMO?

Sappiamo bene tutti il legame stretto che esiste tra antispecismo ed ecologismo; l’ industria della carne inquina come poche altre industrie fanno sulla faccia della terra, e i vari veleni nel’ ambiente distruggono ecosistemi abitati da animali di ogni genere, la difesa della terra sulla quale viviamo è interesse sia nostro, sia degli altri animali che la abitano, perché i danni ambientali pesano su chiunque, al dì la del’ etnia, il sesso, la nazionalità e la specie. L’ ecologismo quindi supera i confini, si interessa della terra in se, e non vede la terra divisa dalle linee che gli umani hanno creato, ma solo da zone diversificate per clima e ambiente, quindi esso dovrebbe avere una lettura antinazionalista e cosmpolita. Ci sono però gruppi di nazionalisti che si definiscono “eco-fascisti”, vista l’ evidente contraddizione teorica, cosa ci può essere di pratico in questa strana visione del fascismo? Nulla. La risposta è nulla. Se andiamo a vedere nella storia il fascismo non è mai stato ecologista, Mussolini inquinò i laghi della Libia per invaderla, E distrusse la palude pontina per edificare nuove città, distruggendo un habitat sconfinato, ammazzando animali e sfruttando umani che morivano nel lavoro infinito, soprattutto per cause di malattie varie. Guardando nei giorni nostri, cosa ha di ecologista il fascismo? O viene ignorato o falsificato.
Forza Nuova se ne sbatte altamente del’ ecologismo, senza pronunciarsi ne contro ne a favore. Casapound è il caso più assurdo; se da un lato ha tra i suoi numerosi sottogruppi “La foresta che avanza” che si occupa della tutela del’ ambiente e di propaganda ecologista, da l’ altro lato nel suo programma ufficiale troviamo scritto al punto 10 “Ritorno all’energia termonucleare”. Le motivazioni? L’ italia deve essere autosufficente, e quindi anche se il nucleare inquina, bisogna averlo in casa perché se no si rimane costretti ad importare energia nucleare. In ciò troviamo una negazione del fatto che la salvezza del’ ambiente non sia da vedere sotto un punto di vista mondiale, ma sotto un punto di vista nazionalista, negando la cosa più logica ed ovvia che ci sia sul’ argomento, ovvero che l’ energia nucleare inquina ovunque, che sia in Francia, in Italia, o altrove, le radiazioni non si fermano ai confini nazionali fino a prova contraria. L’ abolizione del nucleare è quindi interesse di tutti, al dì la del modo in cui siamo distribuiti su questo pianeta e della distanza.
CONCLUSIONE
So di non essere stato breve e coinciso, ma un argomento come questo necessita spiegazioni ed approfondimenti non indifferenti. Spero che il messaggio sia comunque chiaro; per questi, e per altri motivi, è contraddittorio essere antispecisti e fascisti. Sono convinto che, dopo un’ attenta riflessione, buona parte di chi ha letto queste righe si troverà daccordo con me.